Come l'amore per un panetto di burro portò all'invenzione del "frigorifero"

Ghiacciaia domestica di fine ‘800 (public domain)

Il frigorifero ha migliorato notevolmente la qualità delle nostre vite. Ci ha permesso di avere cibi freschi fuori stagione; di gustare prelibatezze esotiche, bibite fresche, gelati; di avere a disposizione farmaci salvavita prima impossibili da conservare. Eppure il frigorifero è anche il nostro elettrodomestico più discreto. La maggior parte del tempo se ne sta lì, a fare (più o meno) silenziosamente il suo lavoro. Come se fosse nelle nostre case da sempre. Inutile dire che non è così, e che la sua invenzione ha richiesto un lungo lavoro di ricerca e sperimentazione.

La prima macchina refrigerante fu realizzata nel 1755, ma riusciva a produrre soltanto una modesta quantità di ghiaccio, insufficiente per qualsiasi applicazione pratica. Quasi un secolo dopo, comparve sul mercato un sistema di refrigerazione utilizzabile su larga scala e nel 1913 l’americano Fred W. Wolf mise in commercio un elettrodomestico in grado di mantenere freschi cibi che altrimenti avrebbero rischiato di rovinarsi in breve tempo. Ancora prima di Wolf, però, c’era chi aveva dato il nome refrigerator (frigorifero) a un congegno molto più rudimentale.

Nonostante fosse un semplice autodidatta, l’imprenditore agricolo Thomas Moore Jr. di Brookeville, nel Maryland, aveva partecipato alla realizzazione di importanti opere pubbliche, in qualità di geometra e ingegnere. In campo agrario, aveva sperimentato nuove tecniche, ottimizzato quelle già conosciute, e pubblicato uno dei manuali di coltivazione più letti della sua epoca. Per Moore, utilizzare un aratro adeguato al tipo di terreno e adottare le giuste tecniche di rotazione erano i primi passi per aumentare la produttività dei campi e migliorare la qualità dei prodotti.

Quest’ultimo aspetto era a lui particolarmente caro, visto che era disposto a percorrere quasi duecento chilometri, fino al mercato di Georgetown, per acquistare il burro migliore. Purtroppo, dopo aver percorso una tale distanza, l’amato latticino di Moore spesso arrivava sulla sua tavola ridotto a un ammasso molle o a un liquido giallastro.

Tecniche di conservazione come salagione e affumicatura erano impraticabili col burro e tenerlo al fresco comportava riporlo in una ghiacciaia o una neviera: grandi locali in muratura o scavati nel terreno, raffreddati utilizzando il ghiaccio o la neve raccolti durante l’inverno.

Per rimediare al problema, Moore impiegò tutte le sue conoscenze di fisica e falegnameria, e realizzò un piccolo mobile in legno di cedro in cui inserì un contenitore di latta tra i quali collocò un panno di lana, uno strato di pelliccia di coniglio e un contenitore da riempire con del ghiaccio. La lana e la pelliccia fungevano da isolanti; il ghiaccio da refrigerante.

Il progetto del frigorifero di Moore

Nel 1805, Moore brevettò la sua invenzione col nome di “refrigerator”, frigorifero. Era molto lontano dall’oggetto che conosciamo oggi. Si trattava piuttosto di una piccola ghiacciaia in miniatura con un’autonomia limitata. Ciò nonostante, Moore era consapevole di quanto potesse essere rivoluzionaria, se opportunamente migliorata. Nel suo diario, a proposito del frigorifero scrisse:

Ogni casalinga può avere un frigorifero in cantina, nel quale, con l’uso quotidiano di qualche libbra di ghiaccio, può conservare provviste fresche, burro indurito, latte o qualsiasi altro liquido alla temperatura desiderata; se ne possono costruire di piccoli e graziosi per l’uso in tavola […]. I macellai o i commercianti di prodotti freschi possono conservare in modo sicuro la loro carne invenduta senza salarla, esattamente come fanno nei periodi freddi; e non ho dubbi che, grazie all’uso di queste macchine, il pesce fresco potrà essere trasportato dalla Baia di Chesapeake, anche nella stagione più calda, e consegnato al mercato di Baltimora in buone condizioni, come avviene nella stagione invernale.

Non abbiamo notizie su quanto il frigorifero di Moore ebbe successo dal punto di vista commerciale. Il ghiaccio era un bene che in pochi potevano permettersi, come capì a sue spese l’imprenditore Frederic Tudor che, in quegli stessi anni, stava avviando – con non poche difficoltà – un imponente commercio di ghiaccio coi tropici.

Ragazze che consegnano il ghiaccio (immagine: public domain)

Sappiamo però che Moore ebbe almeno un cliente molto facoltoso. Il presidente americano Thomas Jefferson, in uno dei diari ritrovati nella sua residenza di Monticello, in Virginia, scrisse:

Pagato un frigorifero al signor Thomas Moore.

Jefferson doveva essere particolarmente soddisfatto del suo acquisto perché, venti anni dopo, la nipote del presidente raccontava:

Il nonno insiste a farci usare il suo sudicio vecchio refrigeratore (frigorifero, credo che lui lo chiami così) che ci costringe a sprecare la nostra piccola scorta di ghiaccio, e ci obbliga a mangiare un burro così sciolto che scappa via dal piatto, e a bere un vino più caldo del sangue.

A quell’epoca, infatti, erano state prodotte piccole ghiacciaie casalinghe più efficienti di quella di Moore e gli studi del fisico Michael Faraday sulle proprietà dei gas avevano aperto la strada alla nascita della refrigerazione industriale.


Per approfondire:

  • Jonathan Rees, Refrigeration Nation: A History of Ice, Appliances, and Enterprise in America.

  • Archives of Maryland (Biographical Series), Thomas Moore (1760-1822)