Fortune e sfortune del signor Edmond Halley

Cometa di Halley – Foto: NASA – public domain

Non so voi, ma quando sento il nome “Halley” penso istintivamente a un bolide sfavillante che squarcia il buio del cielo notturno. In effetti, è proprio alla più famosa delle comete che la maggior parte di noi collega il nome celebre scienziato inglese. Eppure, Edmond Halley è stato astronomo, cartografo, professore di geometria, comandante di nave, vice direttore della zecca reale e perfino inventore di una campana per immersioni; scrisse sul magnetismo, sull’età della Terra, sulle maree e sui pianeti. L’unica cosa che non fece, fu scoprire la cometa che porta il suo nome.

Naturalmente, l’astronomia fu la sua vocazione fin dall’infanzia; una passione che potè permettersi grazie alle ricchezze accumulate dal padre, un influente uomo d’affari. A diciassette anni, il giovane Halley fu ammesso al college di Oxford su intercessione diretta del Re, che intervenne in suo favore anche quando gli fu negata la laurea, perché accusato di non aver frequentato l’università per due anni. Ma non si trattava semplicemente della raccomandazione dell’uomo più potente del mondo a un giovane di buona famiglia.
Quei due anni, lo studente Edmond Halley li aveva trascorsi da solo sull’isola di Sant’Elena a catalogare le stelle del cielo australe: un’impresa mai realizzata prima, che completava la mappa de cielo boreale redatta da John Flamsteed, fondatore dell’osservatorio di Greenwich, Royal Astronomer, e vecchia conoscenza di Halley.

Halley VS Flamsteed I

Halley aveva soltanto diciannove anni quando scrisse a Flamsteed una lettera in cui gli faceva notare, senza arroganza, alcuni errori di calcolo che “il maestro” aveva commesso nel determinare la posizione di Giove e Saturno. Non sappiamo se Flamsteed rispose, né come la prese. Probabilmente bene visto che aiutò Halley a pubblicare il suo primo scritto scientifico. Tuttavia, in seguito, il vecchio astronomo non si sarebbe dimostrato più così ben disposto.

Qualche anno più tardi, Flamsteed entrò in accesa polemica con il collega polacco Johannes Havelius riguardo a quale fosse il metodo più efficace per calcolare la posizione di stelle e pianeti. Secondo l’inglese, un piccolo telescopio, montato sugli strumenti di misura, garantiva maggior precisione. Al contrario, per Havelius bastava un semplice mirino a occhio nudo. Halley fu inviato a Danzica con la missione di fargli cambiare idea ma, dopo aver trascorso dieci giorni con lui, concluse che entrambi i metodi erano validi. Anzi, il sistema utilizzato dal polacco permetteva addirittura di essere un po’ più veloci. Halley aveva semplicemente detto la verità ma, agli occhi di Flamsteed, il giovane in cui aveva riposto così tanta fiducia era appena diventato un ingrato traditore.

L’occasione giusta per vendicarsi arrivò quando Halley fu candidato a diventare professore di astronomia all’Università di Oxford. La sua nomina era osteggiata dalla chiesa anglicana, secondo cui alcune teorie di Halley erano in netto contrasto con la dottrina creazionista. Flamsteed non solo appoggiò questa posizione ma arrivò addirittura a insinuare che alcuni scritti del collega erano frutto di plagio. Halley accettò ogni critica, senza risentimento; rinunciò alla cattedra di astronomia e ripiegò su quella di geometria. Curiosamente, questa scelta gli permise di dedicare più tempo allo studio delle comete.

Edmond Halley – foto: public domain

La cometa di Halley

Nel 1680, chiunque alzasse lo sguardo nelle notti di cielo terso, avrebbe potuto osservare il passaggio della Grande Cometa. Fino ad allora si era ritenuto che questi corpi celesti vagassero per l’universo, transitando talvolta vicino alla terra per poi finire chissà dove. Ma l’astronomo italiano Giovani Domenico Cassini, direttore dell’osservatorio di Parigi, contattò Halley per sottoporgli l’ipotesi che la Grande Cometa fosse la stessa osservata dal collega danese Tycho Brahe un secolo prima.

Due anni più tardi, Halley osservò, ancora una volta, una cometa. Velocità e direzione del bolide erano identiche a quelle di altre comete osservate nel 1531 e nel 1607. La spiegazione non poteva che essere una: erano sempre la stessa cometa. Le supposizioni di Cassini erano esatte. Alcune comete si disperdevano per sempre nell’universo, altre invece tornavano indietro, seguendo orbite ellittiche, come i pianeti.
Halley calcolò che il prossimo passaggio di quella stessa cometa sarebbe avvenuto nel 1758. Sfortunatamente, l’astronomo non visse abbastanza per scoprire di avere ragione. E non seppe nemmeno che alla cometa fu dato il suo nome: la Cometa di Halley.

De Historia Piscium – foto: public domain

La storia dei pesci

Ad Halley riusciva particolarmente bene calcolare le orbite degli oggetti che sfrecciavano nello spazio. Eppure né lui né i suoi colleghi erano riusciti a dimostrare, secondo una formulazione matematica rigorosa, le leggi del moto planetario che Keplero aveva definito più di un secolo prima, basandosi sull’osservazione. Gli astronomi arrivarono al punto di fare scommesse su chi per primo di loro fosse riuscito a venirne a capo. Nemmeno Halley si sottrasse alla sfida e scommise coi colleghi Christopher Wren e Robert Hooke.

Hooke fu il primo a sostenere di avere in mano la soluzione, ma rifiutava di rendere pubblici suoi calcoli, con la scusa di voler lasciare ai due sfidanti la possibilità di arrivarci da soli. Halley non se la beveva e, convinto di essere sulla strada giusta, si recò a Cambridge per confrontarsi con Isaac Newton, il fisico che di lì a poco avrebbe cambiato la storia della scienza.

Appena aprì la porta dello studio di Newton, Halley dovette farsi strada tra un montagna di strumenti, fogli e volumi polverosi ammassati l’uno sull’altro dietro cui comparve un uomo dal lungo naso affilato che, dopo aver ascoltato la richiesta dell’astronomo, rispose candidamente: «Ah, si. Dovrei aver fatto un calcolo cinque anni fa». Newton aveva risolto il problema più importante del secolo e non lo aveva detto a nessuno! Il fisico rovistò tra le sue carte e non trovò l’appunto che stava cercando ma promise ad Halley di farglielo avere al più presto.

Una mattina di tre mesi dopo, Halley ricevette da Newton un breve saggio. Conteneva i calcoli promessi ed altre intuizioni geniali sul moto planetario. Si trattava del primo nucleo dei Principia, una delle opere fondamentali del pensiero scientifico moderno, che contiene le leggi della dinamica e della gravitazione universale.

Halley convinse i colleghi della Royal Society, la più importante società scientifica britannica, a pubblicare l’opera di Newton. Il fisico però continuava a revisionare il testo e Hooke a sostenere di essere stato lui a risolvere il problema, pur non essendo in grado di dimostrarlo. Nel frattempo, la Royal Society pubblicò il De Historia Piscium, la storia dei pesci in quattro volumi illustrati. Seppure scientificamente interessante, dal punto di vista commerciale il libro si rivelò un fiasco. La società non era riuscita a rientrare delle spese sostenute e, per non correre ulteriori rischi, ritirò la promessa di finanziare Newton. In poche parole, la Royal Society stava affossando l’opera che avrebbe rivoluzionato il pensiero scientifico e cambiato il modo in cui conosciamo il mondo.

Soltanto Halley sembrava rendersi conto di quale errore madornale stessero commettendo i colleghi e decise di pagare la pubblicazione di tasca propria, convinto di poter far affidamento su uno stipendio di 50 sterline l’anno promessogli proprio dalla Royal Society come compenso per un incarico di lavoro. Le cose, però, non andarono come previsto. La società scientifica comunicò ad Halley di aver terminato anche i fondi per gli stipendi e lo scienziato sarebbe stato retribuito in copie (invendute) della Storia dei Pesci. Ciò nonostante, Halley riuscì a portare a termine la pubblicazione ma, purtroppo per lui, tra i collaboratori che aiutarono Newton a revisionare il volume, c’era una sua vecchia conoscenza: John Flamsteed.

John Flamsteed – foto: public domain

Halley vs Flamsteed II, la vendetta

I Principia furono universalmente riconosciuti come una delle opere più importanti del pensiero scientifico. Le idee formulate da Newton non vennero più messe in discussione e sono state il fondamento della fisica moderna fino al momento in cui Einstein elaborò la teoria della relatività. Newton divenne una leggenda vivente: fu nominato direttore della zecca reale, entrò in Parlamento e venne eletto presidente della Royal Society.

Flamsteed continuava a mantenere la carica di Royal Astronomer all’Osservatorio di Greenwich ma era sempre più demotivato. Non pubblicava da anni e il volume di astronomia che la Royal Society gli aveva commissionato anni prima era ben lontano dall’essere finito. Soprattutto, lo scienziato continuava a mentire a Newton, sostenendo di essere soltanto a un passo dal completarlo. Irritato dal suo comportamento, Newton destituì Flamsteed dal ruolo di Royal Astronomer e fece nominare al suo posto Halley. Ma Flamsteed aveva ancora un asso nella manica da giocare contro il collega dal quale, per tutta la vita, si era sentito tradito. Il vecchio astronomo aveva pagato di tasca propria ogni attrezzatura utilizzata a Greenwich e quando Halley arrivò il giorno del suo insediamento, trovò l’osservatorio completamente vuoto.


Per approfondire:

  • Ann Druyan, Carl Sagan. Comet. Random House Publishing Group, 1997.

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