La vedo correre verso di me. Una ragazza bionda, minuta, sulla trentina. Gli occhi verdissimi, pieni di terrore. «Stanno arrivando! Stanno arrivando!», urla. Poi svanisce tra la folla. In fondo alla strada appare un uomo con la folta barba bianca, seguito da uno stuolo di esseri deformi. Emettono versi spaventosi, animaleschi, mentre avanzano trascinando un enorme carro infuocato. Sono i Krampus, i Diavoli del Natale.
Sono arrivato a Igls nel pomeriggio. Questo villaggio del Tirolo, a pochi chilometri da Innsbruck, ricorda un dipinto di Brueghel il Vecchio. Un agglomerato di case dai tetti spioventi fa capolino tra gli alberi spogli, ricoperti da una neve fitta e azzurrognola. Il debole ticchettio delle luci natalizie rompe il silenzio. Un silenzio oggi rassicurante ma che un tempo, quando qui non c’erano hotel, negozi o piste da sci, era come un fantasma che aleggiava minaccioso sulle abitazioni e risvegliava paure ataviche. Ogni rumore, anche il più lieve, era visto con sospetto: poteva essere un innocuo vicino di casa, un animale selvatico o il diavolo.
San Nicola, Sankt Nikolaus, Sinterklaas, Santa Klaus: oggi lo conosciamo come Babbo Natale ma qui è ancora rappresentato coi suoi abiti da vescovo, il pastorale e la mitra. Si avvicina accompagnato da uno stuolo d’angeli, distribuisce regali ai bambini e li protegge dall’attacco dei Krampus che sbraitano, si dimenano, inseguono e colpiscono selvaggiamente con verghe, fruste e fasci di sterpi chiunque incontrino sul loro cammino. La gente del posto si mette al riparo e cerca di evitarli. I turisti li fotografano, pur mantenendo un atteggiamento cauto. I corpi tesi, pronti a scappare. Non siamo nel centro di Innsbruck, dove la manifestazione ha un alto grado di spettacolarizzazione. Qui l’atmosfera è più tesa, più autentica.
Le Krampuslauf, le sfilate dei Krampus, sono diffuse in molti dei paesi che un tempo facevano parte dell’impero Austro Ungarico. Si svolgono tradizionalmente la sera del 5 dicembre, alla vigilia della festa di San Nicola, e segnano l’inizio delle festività natalizie. La loro origine, però, risale alle cerimonie pagane con cui si celebrava il solstizio d’inverno, durante le quali era concesso dare sfogo al proprio lato oscuro. Nei villaggi più remoti dell’Alto Adige, del Friuli, dell’Austria, della Baviera e di altre aree dell’arco alpino, San Nicola prese il posto del Sol Invictus, la divinità della luce che sconfigge le tenebre in un mese, dicembre, caratterizzato dai giorni più corti dell’anno.
Oggi, sono i giovani che si travestono da Krampus a poter manifestare apertamente il loro lato selvaggio, animale, ma solo attraverso la maschera. Togliersela in pubblico è considerato un grande disonore. Inoltre, essere riconosciuti potrebbe provocare ritorsioni. Se coi forestieri sono più indulgenti, quando avvistano un loro compaesano, i Krampus lo circondano e lo colpiscono violentemente e, se questo reagisce o li provoca, loro rispondono in maniera ancora più brutale.
Quella dei Krampus è una festa fortemente sensoriale. I colpi secchi delle fruste, il suono cupo dei campanacci che i dèmoni portano legati ai costumi, il loro sbraitare animalesco e le urla di terrore si accompagnano alla visione del fuoco che libera in cielo milioni di particelle incandescenti; all’odore della legna che brucia; al tanfo selvatico delle pelli; al sentore acre dell’alcol che molti Krampus hanno consumato abbondante prima di scatenarsi.
Rincorse e inseguimenti vanno avanti per ore. La ragazza dagli occhi verdi è rimasta ad assistere in disparte, poi è andata via. Molti turisti, ormai stanchi ed esausti, hanno lasciato la manifestazione. Un Krampus solitario si aggira ancora per il paese. Continuerà a frustare e inseguire finché le sue forze glielo permetteranno, in questa notte di freddo e follia.